venerdì 16 marzo 2012

Tutti protestano: ma cos'è DAVVERO l'articolo 18?


In questi giorni, e non solo, sono tante le manifestazioni in Italia contro l'abolizione dell'articolo 18, paventata dal Governo Monti. I lavoratori scendono nelle piazze per far sentire la propria voce, nei telegiornali tutti gli esponenti dei maggiori sindacati urlano a gran voce la loro protesta, e la gente comune si accoda al coro.

Ma sappiamo davvero che cos'è l'art. 18? E lo Statuto dei Lavoratori? Quali tutele garantisce ai dipendenti, e al contrario, quali freni sono imposti agli imprenditori? Cerchiamo di fare un po' d'ordine.


Innanzitutto, lo STATUTO DEI LAVORATORI, è un insieme di norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro. In totale è formato da 41 articoli, che sono il cardine sul quale si fonda il rapporto continuativo tra datore e lavoratore.


L'ARTICOLO 18, nello specifico, si occupa delle regole che governano i casi di Reintegrazione nel posto di lavoro, ovvero quali siano le regole previste per ricorrere ad un giudice in caso di licenziamento giudicato senza motivo dal lavoratore, per fare chiedendo di essere reintegrato sul proprio posto di lavoro.
E' importante sottolineare come questa norma sia applicata in aziende con almeno 15 dipendenti (5 nel caso di aziende agricole).

Se la sentenza respinge il ricorso, il licenziamento ha valore definito. In caso, invece, di accettazione del ricorso, si stabilisce l'annullamento del licenziamento, perchè non fondato su una giusta causa o su un giustificato motivo, e si obbliga il datore di lavoro a REINTEGRARE IL DIPENDENTE, con le stesse condizioni in essere prima del licenziamento, sia economiche che di ruolo.

Dal punto di vista economico, al lavoratore, viene riconosciuto un "RISARCIMENTO DANNI" che, di norma, è pari alle mensilità effettivamente non percipite dal momento del licenziamento sino al reintegro. E' comunque fissato un limite minimo, per cui il risarcimento non può essere in nessun caso inferiore a 5 mensilità.

Il lavoratore ha comunque, a seguito dell'accettazione del ricorso, la possibilità di DECIDERE DI NON RIENTRARE in azienda, per evitare di dover condividere un ambiente obiettivamente ostile. Il dipendente che sceglie questa opzione ha diritto ad un indennizzo di 15 mensilità (da sommare al precedente "risarcimento danni").

Questi sono i punti cardine dell'articolo 18. Ma perchè, una norma apparentemente normale e garantista, sta suscitando tanto rumore tra chi vorrebbe abolire la regola, per consentire maggior sviluppo aziendale, e chi invece la difende con tutte le forze?


La risposta è semplice: la fazione che spinge per l'abolizione, considera l'articolo 18 un freno all'espansione delle imprese, che in virtù del vincolo di applicazione al di sopra dei 15 dipendenti, tendono a rimanere sotto tale soglia, non assumendo personale, anche in caso di necessità. Questo per non essere soggetti all'articolo 18. 
Dall'altro lato, ovviamente, i motivi che spingono a tutelare norma sono legati alla convinzione che, abolendo l'articolo, i datori di lavoro potrebbero avere la mano pesante anche senza particolari motivazioni, licenziando a seconda di come scendono dal letto!!!

A questo punto che fare: mantenere la norma, tutelando tutti i lavoratori (da quelli che fanno molto a quelli che non fanno nulla) rinunciando a possibilità di espansione delle aziende e quindi ad un più semplice sviluppo economico nazionale, oppure confidare nella professionalità lavorativa e nell'onestà intellettuale dei datori di lavoro (spesso arroganti e senza peli sullo stomaco) cancellando la norma e lasciando carta bianca per la composizione delle risorse umane aziendali, col rischio di ritrovarsi a casa da un giorno all'altro perchè stiamo sulle scatole al datore.

Un dilemma eterno senza via d'uscita...

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